Passeggiavo in una casa di cristalli.
E mi chiedevo, sommesso, perché?
preoccuparsi, tanti problemi farsi
senza l'alcol che riduce l'ansia sociale.
Vale, tantissimo, il tempo passato
ad introspaziare, però attenzione,
si può sempre cadere, piangere,
ed imprecare contro chi cadde con te.
Correva l'anno duecentimillanoventatre.
C'è chi scola una Weizen, chi brucia Maria
sulle forme di un fiume.
Sfuma, il desiderio d'angoscia
tra le coppiette che distese limonano
sull'erba e tu, che quel verde
Non lo avevi ancora visto.
Quando rinsavisci, è già buio.
Che mai si sentisse più
la tua schiena inarcando,
che la bestia oscura che ti sale
quando ti aggrappi all'ira,
che decadesse come inverno.
Creano legami, li guardi lontano
e distanziato digrigni i denti.
Non ti lamenti, aspetti,
diroccato come un edificio
ma sei tu a gettare benzina sul fuoco.
Non è che non se ne rendesse conto,
che sarebbe bruciato lui al posto del mondo immondo.
Ché non può smettere,
no, non adesso,
anche se brucerà lui stesso
Cercando questi momenti
in ogni parte del mondo
Ancora non si spiega perché
permanga così iracondo.
Che ognuno passato tra i cicli
del buono e del cattivo,
che sappia apprezzare la solitudine
che però serba un costo,
ma che ricompensa in maniera soggettiva.
E c'è chi lo riveste con una biro,
e chi non saprà darsi pace
fino a che, il sospiro
lo trarrà al lascito finale.