Oggi cercherò di abbandonare quell'armamentario di ciance e dubbi e divagazioni di cui amo ricoprirmi su questo blog; forse mera auto-adorazione alla ricerca del romantico.
La gente non commenta e questo è un problema. Un grande problema.
Partendo dal solito facebook: mi sembra che la gente abbia riserbo a commentare e da quando c'è il tasto "mi piace" (ehi che strano, sembra che nessuno si sia ribellato) comodamente inciampa in un secondo, due scatti di polso per evitare un'espressione libera, vera, di pochi tasti di tastiera. Perché dai, non stiamo nemmeno parlando di giovani -oramai, neanche tanto- incapaci di pigiare più di sei tasti uno dopo l'altro.
La difficoltà non è fisica, ma mentale.. Ma andiamo oltre, non è incapacità, ma pigrizia. Non è mancanza di tempo, io credo; perché io credo che i frequentatori più assidui, e che rimangono più tempo su facebook, commentino anche meno. Perdono più tempo a guardare video, spulciare profili, leggere cose tutto di nascosto..
E' una delle caratteristiche più intriganti, pericolose e in fondo anche fastidiose - basti pensare 1)quante persone storgano il naso quando gli dici che hai saputo di qualcosa da qualche altra persona e non ne sono a conoscenza (che casino inutile, poi!)
2)in quanti vogliano venire a conoscenza di chi/quanti visitano il loro profilo.
Sintetizzo, per poi arrivare al dunque. Su facebook pigrizia-mental e passività spingono a spiare piuttosto che a commentare. Abbiamo lo strumento per esprimere noi stessi, diventare parte integrante del mondo, ma restiamo ad osservarlo.
Ampliamo il discorso: anche nelle nostre nazioni, nella realtà, abbiamo gli strumenti per esprimerci, per essere coinvolti nella politica, ma preferiamo a limitarci a vaghi "mi piace" o meno. E rubiamo opinioni altrui. Ci capita di non capire niente davvero, perché le cose che vediamo ogni giorno sono tante e apprese superficialmente. La famosa democrazia partecipativa fallirebbe di per sé perché la massa decide consapevolmente di non sfruttare gran parte delle risorse che ha per mettersi in gioco.
Perché è solo questo, paura di cambiare un equilibrio, sbilanciarsi, prendere davvero parte a questa esistenza appieno, senza limitarci a situazioni marginali o in cui ci sentiamo banalmente sicuri.
Rischiare? Vivere.
Lasciare una traccia di sé piuttosto che osservare zitti dietro a uno schermo?e magari lasciarsi intrappolare meno dal pensiero, incarnarlo, agendo.